Giovedi, 25 aprile 2024 - ORE:03:57

Napoli con il cuore a Kobane

con il cuore a kobane napoli

con il cuore a kobane napoliImage credits: Rojava calling

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Ieri 13 febbraio a Napoli, nel complesso dell’Ex Asilo Filangieri, si è tenuto un’ importante iniziativa denominata Con il cuore a Kobane che ha visto protagonista l’ormai conosciutissimo fumettista Zerocalcare e il suo reportage a fumetti (omonimo) dal confine turco-siriano pubblicato sull’Internazionale il 16/1 scorso.

zerocalcare

Image credits: Rojava calling

Oltre a questa importante testimonianza, fortemente gradita al pubblico napoletano accorso in gran numero, ha animato la serata un acceso e interessante dibattito sulla delicata questione siriana, sui suoi rivolgimenti e le novità dal confine. Erano presenti importanti personalità della città, tra cui:

  • Antonello Petrillo (docente di Sociologia presso l’università suor Orsola Benincasa)
  • Amar Abdallah ( presidente comunita islamica di napoli e imam della moschea di corso lucci)
  • Carmine Piscopo (Assessore del comune di Napoli all’urbanistica e alla democrazia partecipativa)
  • Carmine Malinconico (Associazione Azad)
  • Coordinamento studenti medi Kaos
  • Melinda di Matteo (Assessore II Municipalità)
  • Massimiliano Voza (Sindaco di Santomenna)
  • Davide Massitani (rojava calling)
  • Egidio Giordano e Luca Manunza ( rojava calling)

Sembra giusto elencare tutti i partecipanti e non dimenticare di menzionare che la serata si è conclusa con il concerto di Bogo. Come già detto, la partecipazione del pubblico è stata la ciliegina sulla torta di un evento così speciale; numerosissimi giovani in età universitaria ma non solo, famiglie con bambini a testimoniare l’importanza di diffondere notizie sulla situazione in Siria, al confine e soprattutto nella città di Kobane, troppo a lungo lasciata sola dal mondo occidentale.

Kobane Calling. Il fumetto

zerocalcare

Quello che colpisce subito l’occhio del lettore attento è la capacità dell’autore di mettere in risalto il lato più umano della sua esperienza in Turchia al confine con l’inferno. Sfogliando le pagine del suo reportage a fumetti, ormai alla terza riedizione (per conto di Rojava calling),è d’obbligo pensare “questo ragazzo potrei essere io”.

Zero il protagonista, come Zero il disegnatore, si trovano a dover trovare il modo di comunicare la notizia del viaggio al confine a dei genitori che, da classici papà e mamma italiani, si preoccupano più quando prendiamo la macchina per uscire e piove che quando gli comunichiamo di stare per partire per una zona di conflitto.

Forse proprio perché i genitori (metaforicamente:noi), da tipici occidentali abituati alla violenza inscatolata quotidianamente nelle nostre televisioni, abbiamo innalzato uno schermo protettivo che ci fa illudere che la guerra sia quei 3 minuti di servizio al tg2.

Come se ci facesse sentire meno in colpa stando a casa nostra circondati da tutti i comfort mentre gente coraggiosa combatte una battaglia che dovrebbe essere la nostra battaglia, quella dei nostri tempi, della nostra Era; un po’ come dice Gandalf nel film Il Signore degli Anelli  a lo hobbit Pipino.

Michele Rech, vero nome di Zerocalcare, è andato a Mehser con la Staffetta Romana Per Kobane: un’organizzazione sociale volta a portare aiuti generici agli altri volontari già presenti sul lato turco del confine. Zerocalcare è andato lì per dare il cambio a chi è stato lì per già molto tempo, per portare generi di prima necessità e soprattutto per dare all’Italia intera informazioni complete -a differenza dei media che filtrano politicamente le notizie o fanno solo caso all’aspetto cruento-.

Zerocalcare si è avvicinato così tanto al confine che ha avuto la possibilità di testimoniare cosa succede quotidianamente nei villaggi limitrofi: il cuore grande di chi non molla, le paure di chi ha lasciato tutto e tutti dal lato della Siria e l’ombra dell’ISIS, dai contorni sfocati e che è come “(…) quando ti dicono che c’hai un insetto addosso, e tu te lo senti che ti zampetta su tutta la pelle (…)” .

Napoli e “…ogni cosa, oggi sta a Kobane”

ogni cosa a kobane

Kobane, protagonista del dibattito, del reportage e dei pensieri di molti, ha resistito e dopo 134 giorni di lotta è riuscita a liberarsi dall’occupazione delle truppe del Califfato. I due eserciti di resistenza curda, femminile (YPJ) e misto (YPG), nonostante la carenza di armi e l’inferiorità numerica rispetto alle fila dell’ISIS, sono riusciti a riconquistare quella città ormai simbolo di una guerra che ha confini geopolitici molto più ampi e in continua espansione.

Il significato della vittoria ha radici profonde e che vanno oltre il mero conflitto; è stata compiuta nella più assoluta solitudine, Kobane è stata a lungo dimenticata e lasciata da sola a fronteggiare più nemici su più fronti.

Quello che infatti non si sa, non viene detto, è che dire chi spara a chi non è mai stato così difficile. Perché l’esercito curdo ha dovuto fronteggiare quello turco, che lasciava passare i miliziani dell’ISIS dal confine e non i partigiani; l’esercito americano che bombarda ” (…) un po’ a caso, quando l’Isis avanza troppo. Per non fare brutta figura” .

Le testimonianze che sono state portate al pubblico dell’Ex Asilo sono state le più varie, tutte di chi ha visto con i propri occhi l’esperimento Rojava e ci ha creduto, e continua a crederci: un esempio di stato egualitario da far invidia alle mega democrazie dell’Ovest del mondo, che dovrebbe premere a tutti noi difendere.

Il grande numero di ragazzi è un campanello positivo che aiuta a capire che l’Italia c’è, quella viva e che crede nei valori fondamentali della libertà e della sicurezza prima di tutto. A lungo Napoli è stata bistrattata, considerata come città dalla cultura fantasma, ma invece c’è, presente più che mai. Giovane e viva, con voglia di sentirsi centro del mondo dell’informazione e dell’azione, con tanto da offrire. Una Napoli come piace a noi, solare e rumorosa ma allo stesso tempo capace di prendere atto di ciò che la circonda e stanca di essere considerata alla stregua di pizza, mandolino e PulcinellaAnche se la pizza ce l’abbiamo solo noi, tiè.

Un appunto purtroppo va fatto da me in quanto studentessa napoletana costretta muoversi con i “mezzi”; per chi non sia pratico, i trasporti pubblici. La forza della gioventù napoletana si trova ad avere le ali tarpata dalla mancanza di feedback da parte delle autorità, che rendono difficile un semplice spostamento urbano oltre le 8 di sera.

Aver paura di certe parti della città dopo una certa ora è una realtà con la quale tutti, soprattutto le donne, siamo abituati ingiustamente a convivere. Ma aver paura di non poter tornare a casa perché i treni e gli autobus possano improvvisamente tagliare corse su corse, è obsoleto e in contrasto con il discorso fatto fino a questo punto. La mancanza di puntualità durante un evento live è giustamente normale e plausibile. Smette di esserlo a Napoli.


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