Venerdi, 19 aprile 2024 - ORE:16:06

La Patologia Del Dittatore: Robespierre, Stalin, Hitler

Abili. Persuasivi. Carismatici. Spregiudicati. Egoisti. Si sentono i “messia” di una missione superiore, usata come mezzo formidabile di potere. Sono capaci di usare al meglio le proprie competenze e le proprie doti straordinarie, pur di basare la vita sulla sfida e sulla ricerca di situazioni in cui il successo arriva “quasi naturalmente”. Ma sono anche deboli, fragili, diffidenti e incapaci di trionfare nei contesti in cui sanno di perdere.

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Robespierre, Stalin e Hitler sono stati tre dittatori che hanno senza dubbio lasciato un’impronta significativa nella storia. E la psicopatologia, branca della psicologia che esamina e studia i disturbi delle funzioni psichiche, ha messo a fuoco molto bene questi tre “casi”.

Cosa hanno in comune? Tutti e tre presentano tratti narcisistici, antisociali e paranoici che si connotano nella loro psicopatologia e si manifestano fin dalla loro infanzia e adolescenza.

Sono personaggi drammatici, la cui biografia sembra macchiata di un vero e proprio “disturbo di personalità” molto cristallino ed evidente , che si riconosce soprattutto in età adulta, legato ad un’ infanzia infelice, dura e pesante.

Lorna Smith Benjamin, psicologa e psichiatra inglese, si è occupata a lungo di alcuni bambini con un passato sofferente e infelice, nati e cresciuti in ambienti familiari pesanti, contrassegnati da: infedeltà, alcolismo, tresche, omicidi , suicidi, incesti, ripudi, violenze, rabbia, abbandono traumatico e genitori incapaci di dare cure, attenzioni e affetto ai propri figli. Questo tipo di contesto può davvero incidere sullo sviluppo della loro personalità, e dare seri problemi psichici quando saranno adulti.

  • Il caso “Robespierre” si figura da un’infanzia dura: è il “figlio bastardo” della madre, che viene rifiutato e male accolto dal suo compagno. Vive in un ambiente freddo a livello affettivo e umiliante, perché viene visto come il “diverso”, colui che deve essere sempre bravo e accomodante se non vuole essere deriso e rifiutato. La donna, malata di tubercolosi, porta avanti continue gravidanze, fino a quando non muore: il piccolo Maximilian ha solo sei anni. E’ il fratello maggiore che si deve far carico di grosse responsabilità, e deve badare ai suoi fratelli. In qualche modo Maximilian deve riuscire ad affermarsi contro tutti e tutto. La sua esperienza da dittatore nella Rivoluzione francese si caratterizza dalla lotta contro la società ingiusta e contro chi gli si oppone.
  • Il caso “Stalin” è caratterizzato anch’esso da un’infanzia drammatica e severa, segnata dalla violenza del padre alcolista che picchia il piccolo e la madre senza ragione. All’età di nove anni viene mandato in collegio dalla madre che non vuole tenerlo con sé , a causa dell’aria che si respira in casa. E spera in un destino migliore per il figlio. Il giovane adulto cresce con tratti paranoici e sadici , con punte di narcisismo nell’incapacità di entrare in empatia con le persone che lo circondando e che gli vogliono bene, oltre all’elaborazione del culto che si crea intorno alla sua personalità, una volta diventato dittatore. Si avvale dell’uso sistematico della diffidenza e del sospetto quasi “maniacale” verso chi gli si riversa contro.
  • Il caso “Hitler” è senza dubbio il caso più “clinico” di tutti : cresciuto tra la violenza del padre che maltratta sia il piccolo Adolf che la madre, matura l’idea che se il padre la picchia, è solo colpa sua (tratto borderline). E solo lui la può salvare (tratto paranoico). Vive in modo drammatico la morte della madre, a causa di un cancro al seno, non riuscita a salvare dal medico curante che era ebreo. Il suo Sé grandioso contiene tutto il suo delirio e progetto folle dell’antisemitismo. Basta pensare al “Mein Kampf”, al suo programma politico-razziale e alla “Soluzione finale” di sterminio. Oscilla in modo costante a livello umoristico. E negli ultimi anni sembra sottoporsi a tendenze autopunitive. Hitler presenta più tratti borderline (aggressività, angoscia, comportamenti irrazionali e contraddittori, intolleranza dell’ansia, dispersione dell’identità, alternanza continua di stati d’umore differenti… eccetera) rispetto ai tratti narcisistici e paranoici di Stalin.

Robespierre, Stalin e Hitler hanno in comune un’infanzia infelice e traumatica che ha avuto, come si è visto, un impatto negativo sulla loro salute mentale. Vivono di angoscia e di sospetto. Il padre è visto come la figura malvagia per antonomasia; manifestano difese maniacali, hanno un sé grandioso ed eccessivo e un io autosvalutante allo stesso tempo.

Inoltre proiettano le loro colpe all’esterno, pensando che “loro sono i cattivi” (basta pensare alla persecuzione ebraica dei Nazisti) . E sono alla continua ricerca di trovare ed inventarsi dei nemici all’interno del loro regime.

Secondo vari studiosi queste persone con gravi disturbi di personalità non sono in grado di entrare in contatto con un aiuto terapeutico . Inoltre la possibilità di guarigione di tali soggetti è davvero minima.


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