Giovedi, 28 marzo 2024 - ORE:13:30

Danio Manfredini presenta “Tre studi per una crocifissione”: Sacralità del diverso e del dimenticato

Danio Manfredini

La ricerca di Manfredini della sacralità del diverso

Portato avanti da Danio Manfredini, regista ed attore che da sempre ha dedicato il suo lavoro a spazi “dimenticati”, lo spettacolo Tre Studi Per Una Crocifissione prende forma sul palco del Teatro Rossi Aperto di Pisa. Ciò che muove l’agire di Manfredini è la ricerca della sacralità nel diverso; ieratico e nello stesso tempo fragile sotto quella luce che illumina il suo trasformarsi, il suo cambiar pelle, assumendo le sembianze di volta in volta di una di quelle tre anime disperate a cui ha voluto donare una voce. I tre soggetti, in accomunati dalla loro solitudine, dal loro degrado, dal loro bisogno di affetto, sono dichiaratamente ispirati alla tagliente angoscia di Francis Bacon a cui il regista  si ricollega per mettere in scena personaggi che, nel loro trascinarsi, sono prossimi alla caduta.

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Il primo monologo

Il primo monologo è frutto di un’esperienza diretta dello stesso attore vissuta a contatto con pazienti sotto cure psichiatriche. Un’attenzione maniacale viene rivolta alla gestualità e al modo di parlare di quest’ uomo che, nel mormorio di parole mangiate, si muove su un palco deserto popolato solo da poche sedie malconce: improbabili interlocutori nella solitudine di una realtà manicomiale che si popola di fantasmi ai quali l’uomo narra, perdendosi in discorsi in versi e citazioni colte, le proprie paure e ossessioni.

Il secondo soggetto

Il secondo soggetto prende spunto da un film di Rainer Werner Fassbinder Un Anno Con Tredici Lune. Ormai allo stremo delle forze, il transessuale, protagonista di questo monologo, si confessa rivelando agli spettatori, che si trovano ad assistere agli ultimi istanti di quell’esistenza non vissuta, una storia personale di maltrattamenti e di assenze troppo dura da sopportare.

La terza parte

L’ultimo pezzo vede come protagonista un emigrato alla disperata ricerca di un interlocutore con il quale parlare della sua sofferenza e della sua difficoltà di non riuscirsi ad integrare in un mondo carico di pregiudizio. Protagonista, insieme all’uomo, in questo episodio troviamo la pioggia. E’ nel cadere compulsivo di quest’ultima, nell’incubo senza fine che inzuppa i vestiti che prende forma la danza comunicativa compiuta sulle note di Bach.

pisa_crocifissione_manfredini_28_apr_2013L’operazione di Manfredini traduce in immagini la sua necessità di “far luce su chi ha bisogno di esporsi”. Il suo è un esperimento: una ricerca su quelle condizioni che tutti, in misure differenti, si trovano a vivere perché è tramite il veicolo del personaggio che vengono raccontate esperienze comuni come l’amore, l’isolamento e il dialogo.

Lo studio della scenografia è caratterizzante, poiché è lo stesso ambiente scarno e in degrado ad amplificare il disagio come se in quelle sedie vuote del primo quadro, nel tavolo sciupato del secondo e nel vuoto del terzo fosse già tracciato il destino di questi tre personaggi a cui è stata preclusa la salvezza.

E’ tuttavia nella figura dello stesso attore tagliato da una lama di luce in un angolo del palco, che lo spettacolo si attua e si concretizza: è nel gesto calmo e rassegnato del vestirsi, preludio di una vita destinata a finire, che Manfredini si sottopone, facendosi carico volta in volta di una croce, all’attraversamento di queste tre passioni.


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